I PILOTI PARLANO DI UFO: MUORE UN TABÙ

Nel libro di Leaslie Kean, la più completa documentazione sugli avvistamenti e gli scontri in volo di piloti civili e militari con oggetti misteriosi

di Lavinia Pallotta

In un periodo in cui i grandi media internazionali hanno scelto di parlare del fenomeno ufologico, dando spesso un colpo al cerchio e uno alla botte, e dunque avvalorando la presunta origine misteriosa, o addirittura extraterrestre del fenomeno, e poi spesso sgonfiando tutto con delle smentite, il recente libro della nota giornalista americana Leslie Kean ha ricevuto un trattamento di favore sui più importanti canali televisivi statunitensi. La Kean è un’icona del giornalismo controcorrente, avvicinatasi all’argomento UFO nell’anno della pubblicazione del rapporto COMETA , epoca in cui scriveva per il Boston Globe e sul quale riportò la notizia che in Francia, un comitato di esperti, fra cui scienziati e militari di alto grado, aveva prodotto un sorprendente documento con casi di avvistamento non spiegabili secondo le conoscenze tecnologiche e scientifiche attuali e che l’ipotesi extraterrestre era da tenere in seria considerazione come molto probabile. Unica giornalista a parlarne negli States e non solo, da quel giorno la Kean non ha mai abbandonando la ricerca. Il suo libro, uscito questa estate, si intitola “UFOs, Generals, Pilots and Government Officials Go on the Record” e, come è facilmente arguibile dal titolo, si concentra sulle più importanti testimonianze di incontri ravvicinati da parte di personale militare e dell’aviazione civile. Molti capitoli sono scritti dai testimoni stessi, che descrivono particolari finora inediti delle proprie esperienze in volo, altri scritti dalla Kean sono integrati da interviste realizzate dalla giornalista con i protagonisti degli avvenimenti, e costituiscono una documentazione sorprendente e oggettiva dell’esistenza di un fenomeno che personale altamente addestrato e qualificato esclude essere semplici misinterpretazione di fenomeni atmosferici “sconosciuti”, come spesso la autorità hanno cercato di far credere. La prefazione del libro è di John Podesta, capo di Gabinetto dell’amministrazione Clinton e co-presidente nella fase di transizione dal governo Bush al governo Obama, che ha più volte manifestato un certo interesse per la questione UFO e dislcosure. L’endorsement in copertina è del fisico, universalmente famoso, Michio Kaku, e recita così: “Finalmente, un libro serio e ragionato su questo argomento controverso. Scettici e credenti troveranno un tesoro nascosto di informazioni approfondite che fanno aprire gli occhi. Questo libro è destinato a costituire il gold standard della ricerca UFO”. 

Possono capitare brutte cose

L’opera della Kean, effettivamente, è quanto di più aggiornato e approfondito si possa trovare attualmente tra i libri di ufologia che illustrino questo tipo di casistica. La prefazione di Podesta le conferisce, inoltre, un’aura di “rispettabilità” agli occhi dell’opinione pubblica grazie alla quale i media si sono sentiti in dovere (o forse hanno proprio dovuto?) di parlarne. Personalmente sono convinta che le più alte cariche militari siano al corrente del fenomeno UFO, delle sue origini e delle attività che i “visitatori” svolgono sul nostro pianeta. Tuttavia, dalle testimonianze trapelate negli anni, risulta evidente che tali conoscenze non vengano trasmesse a tutti i militari, tanto meno i membri dell’aviazione civile, che più spesso di quanto si creda fanno strani incontri durante lo svolgimento delle loro mansioni, e oggi  più che in passato si sentono di poter raccontare, magari sbilanciandosi a favore di un’interpretazione ET. 

Leggendo queste testimonianze viene da sorridere, tra i denti, al pensiero che per anni i debunker abbiano spiegato, spesso senza competenza alcuna, tali IR da parte dei militari come avvistamenti del pianeta Venere, presunto protagonista di centinaia di casi, il più delle volte contro ogni logica e oggettività. Oggi che il clima sembra essere più disteso, per quanto un po’ ipocrita, non sorprende troppo la testimonianza di Nail Daniels, capitano per 35 anni della United Airlines, che nel 1977, in seguito all’avvistamento in volo, assieme al suo co-pilota e un ingegnere, di un oggetto perfettamente circolare, luminoso che li aveva seguito per diversi minuti prima di scomparire, era stato “consigliato” di non rendere pubblico l’evento dal suo superiore il quale, ascoltato il suo racconto aveva così commentato, «Mi dispiace sentirlo. Possono capitare brutte cose ai piloti che dicono di aver avuto questi avvistamenti». La dettagliata testimonianza viene riportata nel libro della Kean, e non è che un esempio. Pur essendo impossibile riassumere il contenuto di questo testo senza fare un torno al suo intento di approfondimento, credo valga comunque la pena di riportare alcune informazioni raccolte dalla Kean su alcuno dei casi più conosciuti di cui però sono stati finora omessi i dettagli. 

Il disco sopra O’Hare 

Il 7 Novembre 2006 il cielo sopra l’aeroporto di O’Hare, Chicago, è stato teatro di un evento che, secondo le autorità che non hanno svolto alcune indagine ufficiale a riguardo, può essere spiegato come un fenomeno meteorologico non ben identificato, ma che agli occhi increduli di decine di testimoni è apparso come un oggetto discoidale, in volo sopra lo spazio aereo della United Airlines, ed è poi scomparso improvvisamente, lasciando un “buco nelle nuvole”! L’evento è stato divulgato solo due mesi dopo, sulle pagine del Chicago Tribune, seguito poi dalla CNN, l’MSNBC e altri importanti network americani e non. L’oggetto misterioso aveva messo in allarme tutto l’aeroporto e la sua presenza era stata comunicata radiofonicamente a tutti i piloti in attesa di decollare i quali, affacciatisi ai finestrini, avevano potuto osservare la “cosa” coi propri occhi. L’evento era durato dai cinque ai quindici minuti, secondo i resoconti, poi, nello stupore generale, il disco era schizzato via a velocità sorprendente, scomparendo in un secondo. Nel denso banco di nubi restava un buco,  come prova del suo passaggio. 

Il reporter del Chicago Tribune, Jon Hilkevitch (nella foto a sinistra), intervistando i testimoni, ha raccolto molteplici dichiarazioni, e conferma che tutti concordavano nell’aver osservato la stessa cosa. Un disco, sospeso nel cielo, che non emetteva alcun rumore e che, schizzato via, aveva lasciato un buco nelle nuvole. La FAA e la United Airlines inizialmente avevano negato di essere in possesso di qualsiasi informazione sull’incidente, ma alla fine era stata resa pubblica la registrazione di una chiamata da parte di un supervisore della united alla torre di controllo. Questa parte della registrazione:

Sue (il supervisore): C’era un disco che volava là fuori.

Torre di controllo. C’era cosa?

Sue: Un disco

Torre di controllo: Un disco?

Sue: Sì.

Torre di controllo: Puoi attendere un secondo?

Sue: Sicuro

(Pausa, 33 secondi)

Torre di controllo: Okay, mi dispiace, cosa posso fare per te?

Sue: Mi dispiace, c’era, l’ho detto a Dave, c’era un disco volante là fuori sopra Charley 17 e lui ha pensato che fossi ubriaca. Ma... non sono ubriaca e non sto bevendo.

Torre di controllo: Sì.

Sue: Qualcuno a scattato una foto. Così se qualcuno di voi lo vede...

Orre: Un disco, tipo un frisbee?

Sue: Sì, come un UFO

Secondo la spiegazione ufficiale, invece, i testimoni avrebbero confuso il buco nel banco di nubi c'era un disco volante (nonostante il buco fosse conseguente alla scomparsa del disco). Insomma, decine di persone, fra cui diversi piloti, avrebbero scambiato un oggetto discoidale in movimento nel cielo, per un foro in mezzo alle nuvoli, determinato da un fenomeno atmosferico non ben identificato. Nessuna ulteriore indagine è stata portata avanti, almeno a livello ufficiale, e nessun ulteriore commento, credo, possa rendere in pieno il senso di disarmante presa in giro che può suscitare suscita una simile giustificazione in un pubblico di cittadini in pieno possesso delle proprie facoltà mentali.

UFO giganti sul Canale della Manica 

Il 23 Aprile 2007, dunque solo cinque mesi dopo l’evento di O’Hare, un altro avvistamento importante ha visto coinvolti piloti e personale dell’aviazione, questa volta inglese. Il Capitano Ray Bowyer, testimone dell’evento, scrive un capitolo sul caso per il libro di Leslie Kean, e ammette: «L’episodio mi ha mostrato un mondo completamente nuovo di cui non conoscevo l’esistenza. (...). Potrebbe essere vicino il giorno in cui l’umanità intera si troverà di fronte all’inquietante realtà che coesistiamo con altri nell’universo. A mio avviso, dovremmo iniziare a prenderne atto adesso  perché, francamente, abbiamo ben poca scelta». Quel giorno che gli sconvolse la vita, Bowyer osservò, assieme ai passeggeri del suo volo di linea, diversi enormi oggetti non identificati che attraversavano la Manica. 

Gli oggetti furono rilevati dai radar in ben due località distinte, e altri piloti, in modo indipendente, segnalarono lo stesso avvistamento, fatto da una diversa posizione. Nelle parole del capitano: «Da principio vidi un solo oggetto che sembrava vicino, a causa della sua apparente dimensione, e calcolai fosse a soli cinque o sei miglia di distanza. (...). Quando lo vidi pensai, in base all’esperienza, che quella luce gialla brillante fosse il riflesso del sole su di una serra commerciale di Guernsey (...). Ma in quel caso, il movimento relativo del velivolo, in combinazione con l’angolo limite col suolo indicava che un simile riflesso non fosse possibile. Inoltre, non vi era una luce del sole diretta proveniente dal basso,  poiché c’era uno strato di nubi a 10,000 piedi che copriva l’intera area. Considerando questo, presi il binocolo inserendo il pilota automatico e, con la vista aumentata di dieci volte, mi accorsi che l’oggetto luminoso aveva una forma ben definita: quella di un sigaro, o di un CD visto di lato con una leggera inclinazione. (...). Nell’avvicinarmi all’oggetto, comparve una seconda forma identica, vicino alla prima. Entrambi gli oggetti avevano la forma di dischi piatti con la stessa zona scura sul lato destro. Erano di un giallo brillante ed emettevano luce.(...). A quel punto anche i passeggeri cominciarono ad accorgersi delle cose insolite e a chiedere spiegazioni. Decisi di non fare annunci per non allarmare nessuno, ma era ovvio che qualcuno stava cominciando a preoccuparsi. (...). 

Gli oggetti sembravano stazionari, ma le tracce radar, in seguito, provarono il contrario: si allontanavano l’uno dall’altro a una velocità di 6 nodi. (...). Durante l’incontro, durato circa 15 minuti, non si verificarono interferenze con le strumentazioni di volo e di comunicazione radio. Le tracce radar  mostrarono chiaramente due oggetti erano apparsi e poi scomparsi simultaneamente dal tracciato». L’avvistamento di Bowyer coincideva con l’avvistamento di un altro pilota, il capitano Patrick Patterson, che però aveva osservato solo un oggetto, essendo il secondo in una posizione ore sei rispetto al suo velivolo, e quindi impossibile per lui da vedere. Bowyer aveva reso pubblica la sua esperienza, rilasciando interviste persino alla BBC, e ricevendo interessamento e supporto dalla sua linea aerea. Uno scenario ben diverso da quello intimidatorio spesso descritto da altri professionisti di volo. Secondo Bowwyer, in Gran Bretagna un’omertà come quella dimostrata nell’evento di O’Hare, negli USA, non si sarebbe mai verificata. Possibile? Vero o non vero, per il Ministero della Difesa inglese gli UFO non esistono a livello ufficiale, nonostante queste dichiarazioni e i documenti rilasciato grazie al FOIA che provano il contrario.

Scontro a fuoco su Teheran 

Il libro della Kean dedica alcuni capitoli alla casistica di diverse nazioni, tra cui Paesi del centro e sud America e l’Iran, e analizzando l’atteggiamento ufficiale delle autorità di fronte al medesimo problema. Mote pagine sono dedicate anche al “caso Fife Symington”, l’ex governatore dell’Arizona che, dopo aver screditato e deriso gli avvistamenti di Phoenix, è diventato un sostenitore del disclosure, raccontando tranquillamente di avere avuto lui stesso un avvistamento. Su questo argomento probabilmente torneremo in un prossimo articolo. Qui vorrei invece dedicare lo spazio rimasto a un caso sorprendete di incontro ravvicinato in volo, e seguente tentativo (mancato) di scontro, sui cieli di Teheran, Iran, e raccontato nel testo della Kean da Parviz Jafari, generale in pensione dell’Aeronautica iraniana, e principale protagonista dell’evento. All’epoca dell’incidente Jafari aveva il grado di Maggiore ed era comandante di uno squadrone aereo. Il 18 Settembre 1976, alle 11 di sera circa, i cittadini della capitale iraniana si accorgono  della presenza di un oggetto sconosciuto nel cielo, che vola in senso circolare a bassa quota. Qualcuno chiama la torre di controllo del traffico aereo, e il supervisore notturno, Houssain Pirouzi conferma l’avvistamento e descrive un oggetto luminosom che emette luce colorate e cambia forma e posizione. 

Sapendo che in quel momento non avrebbero dovuto esserci aerei o elicotteri nelle vicinanze, Pirouzi allerta il comando dell’Aeronautica. Il Vice generale Yousefi esce dalla sua postazione, vede l’oggetto e dà ordine di scramble a un Phantom F-14 dalla base di Shahrokhi, fuori Teheran, con a bordo due piloti. Jafari, raggiunge nel frattempo la base per seguire l’operazione. I due piloti vedono l’oggetto, lo inseguono, ma quando gli si avvicinano la strumentazione di bordo comincia a dare i numeri, la radio non funziona e perdono la comunicazione. Allontanandosi dall’oggetto, gli strumenti riprendono a funzionare. Dieci minuti dopo anche Jafari riceve l’ordine di scramble, assieme al copilota Jalal Damirian. Avvicinatisi all’oggetto, confermano la correttezza delle descrizioni: è luminoso, vola  a bassa quota sopra la città, ma ad un certo punto comincia a salire. Emette forti luci rosse, verdi, arancioni e azzurre, così intense da impedire a Jafari di distinguere la struttura dell’oggetto. La sequenza delle luci è velocissima, come una luce stroboscopica. L’aereo pilotato da Jafari si avvicina ulteriormente, e l’oggetto si sposta improvvisamente di 10 gradi a destra, «in un istante!». Poi si sposta di altri 10 gradi, e poi ancora... Dalla torre di controllo fanno sapere che i radar sono fuori uso, ma il copilota Damirian vede l’oggetto sul proprio schermo radar. 

Seguendolo sullo schermo, Jafari pensa dunque di poter finalmente colpire, ma quando si avvicina troppo, anche la sua strumentazione di bordo smette di funzionare. Quando si avvicinano troppo, l’oggetto misterioso “balza” a diverse miglia di distanza in un secondo, mantenendo la pulsazione delle luci. A un certo punto dall’oggetto “principale” esce un altro oggetto circolare che comincia a dirigersi verso di loro ad alta velocità, come un missile. Jafari cerca di far fuoco, ma la strumentazione non risponde. Il pannello di controllo missili è fuori uso, la radio non funziona. Spaventati, virano a sinistra per evitare l’impatto con l’oggetto, che ad un certo punto si ferma, scompare alla vista per ricomparire da un’altra parte, e raggiungere l’oggetto principale dal quale sembrava essere uscito. Pochi secondo dopo esce un altro oggetto ancora, che comincia a volare attorno all’aereo di Jafari, mandando il tilt la strumentazione, che ricomincia a funzionare con il suo allontanamento. Anche quell’oggetto era circolare e luminoso. Jafari comunica quanto sta accadendo alla base, e riceve l’ordine di rientrare. Due oggetti li seguono durante la discesa. Jafari si concentra sul rientro, ma gli eventi attorno a lui non sono finiti. Alla sua sinistra l’oggetto principale è ancora lì, mentre un altro oggetto ne esce e si dirige verso terra. Jafari si aspetta di sentire il suono di un’esplosione, ma questo non accade: l’oggetto sembra scivolare lentamente e atterrare senza problemi, emanando una luce così intensa che il pilota riesce a vedere la sabbia del terreno, a una distanza di 15 miglia. Dalla torre di controllo confermano a Jafari di aver visto l’atterraggio. E gli viene ordinato di avvicinarsi e dare un’occhiata. Non appena l’aereo di Jafari si trova a una distanza di quattro o cinque miglia dall’oggetto, le strumentazioni smettono di funzionare, e il pilota chiede e ottiene il permesso di tornare alla base. 

Come prima cosa Jafari fa rapporto al quartier generale, riunito in una stanza con tutti i generali e persino un militare americano, il colonnello Olin Mooy, in qualità di US Military Advisory and Assistance Group, il quale, dopo aver ascoltato la sua testimonianza, commenta: «Sei stato fortunato a non essere riuscito a sparare». Io giorno seguente lui e il copilota Damirian vengono portati in ospedale dove vengono sottoposti a diverse analisi, soprattutto del sangue che, a quanto pare, «non coagula». Ricevono l’ordine di tornare ogni mese per quattro mesi a ripetere le analisi. Poi, in elicottero, si recano nella zona del presunto atterraggio dell’oggetto, ma non trovano nulla. Nemmeno un segno sul terreno che testimoni il suo passaggio. Chiedono agli abitanti della zona, che confermano di aver udito un suono la notte prima, dopo la mezzanotte, ma niente altro. Tuttavia, le sirene d’emergenza continuarono a suonare per giorni. I due F-4 coinvolti nell’inseguimento vengono analizzati, ma non venne rilevata alcuna traccia di radioattività. Tempo dopo, venne redatto un memo riservato della DIA (Defence Intelligence Agency), scritto dal Colonnello Mooy e poi divulgato tramite il FOIA, rendendo l’incidente di pubblico dominio. Così scrive Jafari nel capitolo dell’opera della Kean: «Nel mio paese, persino lo shah dell’Iran se ne interessò. Lo incontrai quando venne a visitare la base di Shahrokhi, ad Hamadan, e chiese degli UFO. Convocò una riunione alla quale parteciparono diversi generali, oltre ai piloti coinvolti nell’incontro ravvicinato. Quando il comandante della base raccontò allo shah che ero io il pilota che aveva inseguito l’UFO, lo shah mi chiese, “Cosa ne pensi?”. Io risposi, “A mio parere non possono essere di questo pianeta, perché chiunque al mondo avesse un simile potere avrebbe il comando dell’intero pianeta”. Lui rispose, “Sì” e disse che non era il primo resoconto che riceveva a riguardo». Ad anni di distanza Jafari ammette di avere due rimpianti: non aver potuto fotografare gli oggetti e non aver cercato di mettersi in comunicazione con loro, per chiedere chi fossero...

(Articolo originariamente pubblicato su Times n. 25, novembre 2010)


Commenti