UN SUICIDIO PROVVIDENZIALE

di Lavinia Pallotta

La storia delle luci vampiro di Colares e di un Colonnello coraggioso che tentò di svelarne il mistero

Il 2 ottobre 1997 venne trovato morto il Colonnello dell’Aeronautica brasiliana, Uyrangê Bolívar Soares Noguiera de Hollanda Lima, poco dopo la storica intervista da lui concessa alle TV nazionali e al magazine brasiliano “Revista UFO” sul suo coinvolgimento in una missione governativa top-secret – L’Operação Prato (Operazione Piatto, in riferimento al termine inglese flying saucer) molti anni prima, nel 1977 – e sul rilascio di documenti classificati relativi alle indagini di tale operazione, comprendenti mappe topografiche, resoconti di avvistamenti e raccolta di testimonianze. Ancora prima, nel 1987, Lima aveva concesso alla medesima rivista la pubblicazione di alcune foto che, con grande imbarazzo dell’Aeronautica, hanno fatto il giro del mondo. Il verdetto ufficiale fu “suicidio per asfissia”: il Colonnello, ormai in pensione, si sarebbe impiccato nel bagno di casa sua con la cintura dell’accappatoio, in seguito a un periodo di profonda depressione. Le reazioni da parte del mondo ufologico furono forti e contrastanti, molte delle quali a favore del suicidio “provvidenziale e assistito”, non dissimile da quello del fisico James E. McDonald o dell’ammiraglio V. Forrestal, per citare due figure chiave della storia ufologica, colte da irrefrenabile desiderio di togliersi la vita in circostanze alquanto discutibili e misteriose. 

La testimonianza di Bob Pratt


Nel caso di De Hollanda Lima non si può ignorare la testimonianza di Robert (Bob) Pratt, noto giornalista e ricercatore UFO esperto della casistica brasiliana, scomparso il 19 novembre 2005. Pratt conobbe di persona de Hollanda Lima all’epoca dell’Operação Prato. In una lettera indirizzata a A.J. Gevaerd (1962-2022), allora co-direttore della “Revista UFO”, che lo stesso Gevaerd ha reso pubblica recentemente (1), Bob Pratt rispondeva a chi avallava la tesi del suicidio “volontario” di Hollanda, ribadendo alcuni particolari fondamentali. La ricostruzione ufficiale del suicidio del Colonnello brasiliano viene contraddetta dalla testimonianza di una copia di coniugi, molto amici di Hollanda: si tratta di un ufficiale della Marina in pensione, il Comm. Jorge e sua moglie Leila che, subito dopo la morte dell’amico, si erano recati a casa di Lima e avevano raccolto  le dichiarazioni di alcuni vicini, secondo cui c’erano stati degli spari, per la precisione due colpi di arma da fuoco e che il corpo di Hollanda era stato ritrovato con l mani legate alle gambe del letto, n una camera con le pareti imbrattate di sangue. Inoltre, secondo Pratt, che era rimasto in contatto con lui, l’alto ufficiale non aveva mai mostrato alcun sintomo di depressione. Molti sono gli interrogativi sulla morte di Hollanda, ma è indiscutibile che il suo coraggio e la sua determinata volontà di trasparenza abbiano dato un grande impulso alla lotta contro il cover-up in Brasile e, soprattutto, abbiano reso di pubblico dominio un’operazione militare di studio su UFO e fenomeni connessi di fondamentale importanza. 

Oggi, dopo il riconoscimento da parte dell’Aeronautica brasiliana (FAB) della ricerca ufologica e della sua importanza, nonché l’ammissione di aver studiato gli UFO di Colares nell’Operação Prato – e l’impegno ad aprire dli archivi finora tenuti gelosamente segreti – va detto che tutto questo è stato possibile, oltre che grazie alla pressone di numerosi ufologi brasiliani rappresentati dal CBU (Comitato brasiliano di ricercatori UFO) nella lunga campagna “UFO: Freedom of Information Now”, anche grazie a uomini come Uyrangê del Hollanda Lima. 

Chupa-chupa

L’Aeronautica si convinse a formare una commissione di indagine assolutamente top-secret in seguito a eventi straordinari che terrorizzarono la popolazione dello stato brasiliano di Pará tra il 1977 e l’inizio del 1978. Le più colpite furono le città di Colares, San Antonio do Tauá e Baía do Sol, i cui abitanti vennero letteralmente colti dal panico a causa di misteriose luci nel cielo che si avvicinavano alle persone colpendole con una sorta di raggio luminoso, generalmente sul petto o sul collo. L vittime, più di un centinaio, avevano la sensazione che il raggio prelevasse loro del sangue (da qui il colorito soprannome di “chupa-chupa” o “luci vampiro”), riportavano cicatrici e molto spesso intorpidimento, vertigini, mal di testa e addirittura paralisi. 

Del caso s’interessò anche Jacques Vallée, che dedicò diverse pagine del suo libro “Confrontations, a Scientific Search for Alien Contact” al resoconto delle sue indagini sul posto. Vallée descrive così la paura delle persone aggredite dal “chupa-chupa”, abituate a lavorare all’aperto, per lo più pescatori, agricoltori e allevatori, che abbandonarono ogni attività quotidiana perché «Non dormivano per la paura degli attacchi. Rimasero solo il prete, il sindaco e il medico quando la comunità scappò. Gli autobus erano affollati di gente che se ne andava. Di notte i pescatori si rifiutavano di uscire. Presto non ci fu più niente da mangiare: si dovette ricorrere a cibo in scatola o qualsiasi cosa potesse essere importata dal continente… La gente beveva caffè tutta la notte per restare sveglia. Quando vedevano qualcosa di insolito volare sopra di loro, facevano esplodere dei fuochi d’artificio e percuotevano le pentole affinché il fracasso lo mandasse via». 

Secondo quanto rivelato dalla dottoressa Weillade Cecim Carvalho, giovanissima nel ’77, ma determinata ad aiutare tutte le persone sotto shock che correvano da lei dopo essere state colpite dai raggi luminosi, ci sono stati almeno due casi mortali: un uomo e una donna, deceduti a causa di un attacco cardiaco conseguente all’incidente. 

Non sono rari neanche i racconti di incontri ravvicinati: all’interno di queste luci alcuni abitanti affermarono di aver visto esseri dall’aspetto del tutto umano e con i capelli biondi, come quelli della dottoressa, colore piuttosto rato da quelle parti. Secondo Vallée «(gli oggetti) sorvolavano le case e ne sondavano l’interno con dei aggi. Uscivano persino da oggetti più grandi per poi rientrarvi… gli oggetti più grandi erano più frequenti di quelli piccoli» e sull’isola di Colares aveva interagito una «tecnologia superiore e tutto ciò che gli osservatori avevano potuto fare era filmare e stare a guardare in reverenziale timore».

Il momento di parlare

In questo senso, la testimonianza più forte è probabilmente quella del comandante che guidò la spedizione di ufficiali nella regione amazzonica per cercare di capire questi strani fenomeni e, a detta dello stesso de Hollanda, tornare dal suo superiore con una risposta sicura su cosa stesse accadendo. 

De Hollanda Lima, nel giugno del 1997 ricevette A.J. Gevaerd e Marco Antonio Petit nel proprio appartamento: era ansioso di rendere pubblico il materiale in suo possesso, i documenti riservati dell’Operazione Prato e, soprattutto, voleva raccontare ciò che aveva visto, ciò che aveva vissuto. Ormai in congedo, non era più vincolato dal segreto militare ed era finalmente giunto il momento di parlare, la gente doveva assolutamente sapere! Era stato lo stesso de Hollanda a contattare la redazione della rivista brasiliana, dichiarando di seguire con grande interesse la ricerca ufologica, che considerava seria e importante. Aveva cominciato a seguire l’ufologia dalla fine dell’Operazione Prato, durata solo tre mesi, e da allora non aveva più smesso. Sottolineò di non essersi trovato d’accordo con la decisione di sospendere la missione e che, se i suoi superiori non erano interessati a capire cosa fosse successo, a lui invece interessava, e molto. Ma doveva obbedire agli ordini e così si era accontentato di continuare lo studio per conto suo. 

Ironia della sorte, per motivi editoriali la prima parte della lunga intervista a Hollanda venne pubblicata sul numero di ottobre della rivista ufologica, dieci giorni dopo la sua morte. L’ex colonnello vi raccontava di un avvistamento che, all’età di 12 anni, aveva fatto nascere in lui l’interesse per gli UFO e la convinzione dell’esistenza d vita intelligente nell’universo in grado di farci visita. Diventato pilota della FAB, all’epoca del suo incarico come capo dell’Operazione Prato era responsabile del servizio Informazioni del suo comando, a Belém, attività legata alla sicurezza dello Stato. Niente a che fare, dunque, con indagini alla X-Files, finché la situazione nella zona non si era fatta troppo “calda” perché l’Aeronautica potesse ignorarla. 

Lei crede ai dischi volanti?

Nonostante lo scetticismo e il sarcasmo che regnavano tra gli ufficiali, il Comandante del 1º COMAR, il Generale Protásio Lopez de Oliveira era molto interessato alla questione UFO e l’inizio dell’Operazione Prato lo si deve a lui. «Lei crede ai dischi volanti? Allora il progetto è suo!» si sentì dire Uyrangê dal capo della seconda sezione del 1º comando e, da buon soldato, Lima partì con la sua squadra. 

Malgrado la mentalità aperta e possibilista, nell’intervista Hollanda Lima ammise di aver sperato di terminare la missione con una spiegazione che ridimensionasse il fenomeno, ma non andò così: gli oggetti luminosi che terrorizzavano Colares erano tutt’altro che facilmente spiegabili e tradivano un’intelligenza che li guidava. A volte sembravano prendersi gioco di loro, come fossero consapevoli della loro presenza e del loro interesse, tao che si avvicinavano, si facevano fotografare per poi schizzare via, lasciandoli esterrefatti. Emanavano una luce intensissima, un fulgore oltre il quale risultava impossibile vedere qualcosa. De Hollanda non riusciva a capire se si trattava effettivamente di forme strutturate, perché tutto quello che l’occhio percepiva erano queste luminosità accecanti e comandate da “qualcuno o qualcosa”. Gli uomini della squadra, tutti ufficiali, conclusero di avere a che fare con i “famosi” dischi volanti, ma Hollanda voleva restare cauto, mancavano le prove e non riusciva a condividere l’entusiasmo, misto a costernazione, dei colleghi. 

Tutto nelle mani del 1º Comar

Ancora più frustrante era il fatto che le “luci vampiro” non restavano impresse sulla pellicola: il team aveva scattato decine di foto e girato decine di filmati di oggetti volanti a Colares, ma nel momento dello sviluppo non si vedeva alcunché. La squadra dell’Operazione Prato aveva raccolto tutte le testimonianza possibili, aveva parlato con il medico locale, aveva fatto appostamenti diurni e notturni nei luoghi dove di era verificato un avvistamento, aveva fotografato e filmato tutto ciò che avevano visto con i propri occhi , ma non avevano in mano neanche una prova! Questo finché de Hollanda non ebbe un’idea mentre stava analizzando il negativo di un filmato che, come tutti gli altri, non mostrava un bel niente: la lanterna che stavano usando aveva una luce forte a un’estremità e una protezione vermiglia all’altra estremità. Tolta la protezione, restava un vetro scuro che gli fece venire in mente il radioscopio con il quale i medici esaminano le radiogafie. Prese il filmato e lo contrappose al vetro della lanterna: ciò che Hollanda si aspettava di vedere non era altro che la luce intensa che avevano ripreso ma, con suo grande stupore, compare un oggetto dall’apparenza solda e di forma cilindrica. Divenne chiaro che l’occhio umano poteva percepire solo la luminescenza di quegli UFO straordinari. 

Dopo tale scoperta avevano cominciato a utilizzare pellicole a infrarossi e i risultati erano stupefacenti: centinaia di oggetti di ogni dimensione, alcuni forse delle sonde, altri probabilmente delle navi madre da cui uscivano oggetti più piccoli. Secondo il Colonnello, durante l’avvistamento di un UFO che si era avvicinato al team, poté vedere «esseri umanoidi di bassa statura». Anche questo oggetto, naturalmente, era stato debitamente fotografato. In tutto vennero riconosciute almeno nove forme diverse di UFO e il prezioso materiale fu inviato al laboratorio del 1º Comar per analisi più approfondite. 

Una tentata abduction

Il team raccolse testimonianze incredibili di gente giudicata assolutamente credibile, come spesso accade nelle storie di UFO e lo stesso Hollanda fece un’esperienza che nell’intervista  paragonò a una possibile tentata (o forse riuscita) abduction: una sera, mentre dormiva nel suo letto, il Colonnello venne svegliato da una luce molto forte nella camera, accompagnata da un rumore simile a uno scoppio. In quel momento percepì un essere che, dietro di lui, lo abbracciava e gli sussurrava in portoghese di stare tranquillo, che non gli sarebbe accaduto niente di male, mentre un altro “visitatore” in piedi a poca distanza fu descritto dal militare come alto circa un metro e mezzo, vestito con una tuta simile a quella di un astronauta o un sommozzatore. La voce che gli parlava era metallica, quasi una trasmissione computerizzata. La moglie avva contiuato a dormire accanto a lui nel letto, ignara. Poi un altro scoppio ed era tutto finito. Nei giorni seguenti Hollanda aveva sentito un forte prurito a un braccio, che si era arrossato. Il medico lo analizzò ai raggi X sena alcun risultato, se non che al tatto, sotto la pelle, ea percepibile qualcosa di solido e appuntito. Sconsigliato dal dottore, non si era fatto operare, ma un altro membro della squadra aveva manifestato una sintomatologia simile alla coscia sinistra. 

Dopo tre mesi d’indagine, de Hollanda e i suoi uomini si convinsero della natura non terrestre di quei fenomeni e che lo scopo delle “incursioni” non era fare del male alla gente, ma prelevare del “materiale” organico, chissà poi a quale fine. Non venne data alcuna spiegazione sul perché si fosse deciso di chiudere la missione in modo così improvviso, nonostante la quantità di prove raccolte e malgrado la situazione non fosse affatto sotto controllo. Forse non c’era interesse da parte dei suoi superiori, ipotizzò Hollanda nell’intervista, o forse si può azzardare che altri, godendo di una posizione meno vincolata del Colonnello, avevano capito benissimo e il caso doveva passare a livelli superiori. 

(Articolo originariamente pubblicato su Area 51 n. 5, febbraio 2006)



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